STORIE DA CONOSCERE E RACCONTARE: “Miti Greci” di J. Menzies e H. Ponder

a cura di Paola Benadusi Marzocca (esperta di letteratura giovanile per ragazzi)

I “Miti Greci – Dei, creature e mostri dell’antica Grecia” di Jean Menzies e Hotie Ponder (Gribaudo, trad. Anna Fontebuoni, pp. 153, € 19,90) confermano una volta di più che non ci sono limiti di tempo e di età nelle storie che rappresentano in maniera fantastica l’origine dell’universo. Attraverso vivide immagini di forte impatto visivo gli autori raccontano grandi eventi intrecciati e complessi che colpiscono ragazzi e adulti perché riconducibili da quelli più grotteschi e fantasiosi a quelli più rassicuranti, al mistero dell’inizio dell’umanità. C’è infatti in queste narrazioni tutto ciò che fa parte dell’essere umano. Dai moti d’animo più nobili quali l’amore, l’innocenza, la forza, il coraggio, la generosità, il perdono a quelli più diffusi ossia l’odio, la collera, la disperazione, la follia, la fragilità, l’invidia, la crudeltà e via dicendo. Certo è che il vaso di Pandora era meglio per il mondo fosse rimasto chiuso perché quando “la prima donna” ebbe preso un’incantevole forma creata con manciata di terra dallo stesso Zeus aiutato da Efesto, nessuno aveva previsto che la sua curiosità avrebbe portato un immane scompiglio tra gli umani. Pandora infatti aprì il vaso proibito sigillato da Giove senza essere consapevole della gravità del suo gesto e “tutto ciò che vi era di malvagio si sparse nel mondo.” La Terra, prima tranquilla e luminosa, fu invasa da una nuvola maligna: follia, malattie, vizio, guerra, fame, vecchiaia erano stati liberati. Prometeo, incatenato dal suo remoto luogo di punizione, pianse disperato per il destino infelice che investiva gli uomini, le sue creature. Ma dentro al vaso era rimasto qualcosa, una piccola cosa appiccicosa, una crisalide; significava che non tutto era perduto: all’umanità sarebbe rimasta la speranza.

Come scrive Jean Menzies: “L’antica civiltà greca si diffuse in tutto il Mediterraneo, ma ogni regione anche la più lontana, condivise gli dei e gli eroi.” Sono loro che hanno popolato e dato vita eterna ai miti, che non sono favole remote o vecchie leggende religiose, sono qualcosa di più. Anche se spesso sono rappresentate come una serie di vicende distinte l’una dall’altra e offrono una gamma infinita di possibili combinazioni, si comprende da questo libro che ciascuna può assumere un significato complessivo, narrare una storia esaustiva senza tradire lo spirito dell’universo olimpico.

Basti rileggere il mito di Orfeo, il più grande musicista della Terra, ed Euridice e la forza del loro eterno amore. Rianimare figure di eroi come Ulisse, le cui vicende si espandono in uno scenario senza confini dove avvengono cose fantastiche ai limiti del fantasy più sfrenato. Per non parlare delle Amazzoni, le donne guerriere, figlie del dio della guerra Ares, che vivevano in luoghi isolati e allevavano solo figlie femmine, i maschi li lasciavano ai padri. Incredibile ma sempre attuale è la storia di Mida, sovrano della Frigia punito dal suo desiderio inesausto di possedere oro. Per non parlare della potente maga Circe, figlia di un dio, che seduceva gli uomini trasformandoli in animali, mentre Aracne, comune mortale, paga cara la sua sfrontata sfida alla dea Atena. Non aveva capito che nessuno può mettersi in competizione con una divinità e così viene punita e trasformata in un ragno peloso dalla cui bava escono fragili tele. Alcune figure di donna hanno assunto anche grazie alle tragedie di Euripide una dimensione epica quali Medea, la figlia del re della Colchide, Eete. Era una giovane piena di temperamento, ribelle e coraggiosa. Si innamora di Giasone e pensa di vivere con lui e i loro figli un’esistenza felice, ma viene raggirata e tradita; così reagisce vendicandosi in modo orribile.

Insomma al principio erano gli dei che rappresentavano in modo fantastico e accattivante il contrasto tra le brevità delle singole esistenze umane e l’incessante intreccio di potenze invisibili e fatali. Ai nostri giorni non è certo credibile che gli dei partecipino agli affari umani, ma è segno di vitalità e passione immergersi nel loro mondo e non dimenticarlo credendo casomai alla possibilità di costanti trasformazioni e capovolgimenti che riescano a rendere la vita accettabile e lieta malgrado la sua inevitabile incertezza.

di Luciano Benadusi (fondatore e direttore della rivista scientifica Scuola Democratica) 

Premessa

La lettura dei programmi elettorali dei partiti sulla scuola si presta a molte chiavi di lettura. Comincerò da una lettura di tipo qualitativo. Pur con le dovute differenze si nota una certa disorganicità: buoni o meno buoni propositi messi in fila uno dopo l’altro al di fuori di una comune cornice strategica basata su un’esplicita lettura della realtà e non solo su scelte identitarie e aspettative di raccolta di consensi. Allarmante è che tale difetto compaia maggiormente nei programmi dei due soggetti politici – coalizione di centro-destra e Fratelli d’Italia – destinati, secondo i sondaggi, a vincere la competizione elettorale e ad assumere la leadership del governo. Questi programmi infatti si limitano per lo più a snocciolare elenchi di temi o di obiettivi, del tipo “Rivedere in senso meritocratico e professionalizzante il percorso scolastico” (programma della coalizione), oppure “Contrasto alla dispersione scolastica” (programma FdI), che nulla ci rivelano sul modo in cui tali obiettivi saranno perseguiti e sul grado di priorità che sarà ad essi assegnato.

Un altro limite è l’incompletezza. Un tema che non manca mai è quello del personale, in particolare del trattamento economico della categoria e della messa in ruolo dei precari. Se si andasse a cercare il possibile cemento di un governo di unità nazionale lo si troverebbe proprio su questi temi, malgrado le ingenti spese che le proposte su di essi comportano. Ovviamente non si può negare che si tratti di un tema essenziale: gli insegnanti sono la prima risorsa di cui ha bisogno la scuola. Compaiono di frequente altri temi importanti ma sono meno consensuali. In particolare tre: l’obbligo scolastico o diritto-dovere, la struttura dei cicli, il tempo pieno. Più diffusamente il terzo perché gli altri due sono più divisivi.

Scarsa è invece l’attenzione ad altri temi importanti. Per esempio, al tema della governance del quale si occupano soprattutto i partiti di centro-destra, ma solo per ribadire la controversa richiesta di equiparazione del finanziamento della scuola paritaria a quello della scuola pubblica. La questione dell’autonomia scolastica invece viene per lo più riposta in soffitta, mentre sarebbe il caso di farle un tagliando per riaprire un cantiere da tempo abbandonato e oramai arrugginito. Ancora più sfocato il tema della riforma dell’amministrazione centrale, fatta eccezione per qualche riferimento qua e là alla questione della valutazione. Così pure quello dei rapporti stato-regioni (sorprendente il silenzio in materia finanche della Lega, malgrado la scuola rientri fra i settori compresi nel suo progetto di autonomia differenziata). Raramente si richiamano le riforme dei curricoli e della didattica, e c’era da aspettarselo in quanto sono di grande rilievo per docenti e studenti ma, particolarmente la didattica, distanti dall’interesse dei politici perché di solito non formano oggetto dell’attività legislativa del parlamento. Quanto ai curricoli colpisce che il tema dell’educazione alla cittadinanza, sempre più cruciale in un tempo di crisi della democrazia, sia menzionato solo (e genericamente) nei programmi di due dei sei maggiori dei quali ci occuperemo analiticamente qui di seguito. Non migliore, a prescindere dal PNRR, l’attenzione riservata alle politiche europee dell’istruzione. Uno dei concetti-chiave a livello dell’Unione – il lifelong learning -sembra che sotto il cielo della politica italiana non abbia fatto ancora la sua comparsa, tanto che nei programmi elettorali dei maggiori partiti nessun accenno si rinviene all’educazione degli adulti.

Non sorprendono perciò i commenti molto severi di alcuni esperti del settore. Ne citiamo uno riferito all’insieme dei programmi: “L’impressione è che a prevalere sia l’intenzione di spremere dal gran calderone dello scontento scolastico il massimo possibile di consensi. Obiettivi come ami lanciati nella veloce e distratta corrente elettorale a gruppi di pressione e a interessi specifici, richiami a sensibilità culturali ed educative particolari, talora antichi e obsoleti cavalli di battaglia.” (Farinelli, 2022). E in ciò vi si ravvisa una curvatura populista. In realtà se di questo si tratta è forse un populismo per forza piuttosto che per amore. Fino a quando è esistito in Italia un solido sistema di partiti questi assolvevano a due funzioni essenziali per il buon funzionamento della democrazia: l’alfabetizzazione politica dell’elettorato e la formazione dei gruppi dirigenti. I grandi partiti (e non solo questi) disponevano di ben organizzati uffici-scuola dove in continuità lavoravano fianco a fianco parlamentari ed esperti. Inoltre, essi attraverso una rete di uffici regionali e provinciali gestivano un flusso bidirezionale di informazioni, conoscenze e orientamenti che arrivavano anche a coinvolgere in qualche misura i docenti e gli studenti. Oggi, nell’epoca dei partiti personali e del marketing politico, tutto ciò è stato spazzato via ed è svanito perfino dalla memoria dei più. Non c’è dunque da meravigliarsi che la politica anziché guidare sia guidata dagli interessi, i preconcetti e le emozioni diffuse tra gli elettori. Troppo presto sono sopravvenute le elezioni perché andasse avanti il coraggioso progetto delle Agorà, con il quale Enrico Letta intendeva rifondare il PD trasformandolo da coacervo litigioso di correnti di vertice a strumento di democrazia partecipativa e deliberativa.

Veniamo ora alle convergenze e alle differenze ravvisabili nei contenuti, per le ragioni dette a partire dal tema personale. Affronterò poi il tema strategico delle riforme ordinamentali (intese in senso ampio), mentre ometterò di trattare il tema edilizia, pure molto importante, perché fortunatamente già oggetto di un robusto piano di investimenti del PNRR. Ad essi qualcuno dei programmi elettorali dei partiti propone di far seguire un piano a più lungo termine, finanziato con risorse interne.

Passeremo ora in rassegna i programmi dei sei maggiori partiti: Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Azione-ItaliaViva, Partito democratico, Movimento 5Stelle.

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