È USCITO SCUOLA DEMOCRATICA n. 2/203

Indice del numero 2/2023, maggio-agosto

ISBN: 978-88-15-38597-0  Annata: XIV RDF

Saggi

Diego Mesa
Il parental involvement in chiave interculturale. Un confronto europeo sul rapporto tra famiglie immigrate e scuola
SCUOLA DEMOCRATICA2/2023pp: 241-260DOI: 10.12828/107959

Vincenzo Albanese
Il registro elettronico. Usi nelle pratiche scolastiche
SCUOLA DEMOCRATICA2/2023pp: 261-280DOI: 10.12828/107960

Enrico Maria Piras Cristina Calvi Ludovica Rubini
Rendere visibile il cyberbullismo. La Roleplaying Simulation Online come metodo per studiare le interazioni prevaricanti in rete
SCUOLA DEMOCRATICA2/2023pp: 281-300DOI: 10.12828/107961

Nicola Nasi
Children’s Peer Conflict Mediation in the L2 Classroom. A Pedagogical Perspective
SCUOLA DEMOCRATICA2/2023pp: 301-322DOI: 10.12828/107962

Simone Busetti Cristina Vasilescu Giancarlo Vecchi
Didattica interattiva e giochi educativi digitali. P-Cube: insegnare la complessità delle decisioni pubbliche nelle democrazie contemporanee
SCUOLA DEMOCRATICA2/2023pp: 323-342DOI: 10.12828/107963

Note E Punti Di Vista

Antonella Polimeni
L’università verso la Quarta missione
SCUOLA DEMOCRATICA2/2023pp: 343-346DOI: 10.12828/107964

Stefano Boffo Francesco Gagliardi Tiziana Guzzo
L’innovazione nelle PMI. Un nuovo spazio per la Terza missione dell’università
SCUOLA DEMOCRATICA2/2023pp: 347-356DOI: 10.12828/107965

Carla Facchini Carlo Pennisi
La ricerca sociologica di fronte alla pandemia. Temi, metodi e reti di collaborazione
SCUOLA DEMOCRATICA2/2023pp: 357-372DOI: 10.12828/107966

Recensioni

Oscar Ricci
Druisan, M., Magaudda, P. e Scarcelli, C.M. (2022), Young People and the Smartphone. Everyday Life on the Small Screen
SCUOLA DEMOCRATICA2/2023pp: 373-374DOI: 10.12828/107967

Geraldina Roberti
Lazzarini, G., Bollani, L., Caizzo, E. e Forte, A. (2022), Prima di diventare invisibili. Prevenire a scuola il fenomeno dei NEET
SCUOLA DEMOCRATICA2/2023pp: 375-377DOI: 10.12828/107968

Antonietta De Feo
Biesta, G.J.J. (2022), Riscoprire l’insegnamento
SCUOLA DEMOCRATICA2/2023pp: 378-380DOI: 10.12828/107969
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Scuola democratica Learning for Democracy
Archivio fascicoli

Anna Maria Ajello

·         Una vita per l’educazione a scuola e fuori. In memoria di Clotilde Pontecorvo

  • pp. 413-416, DOI: 10.12828/106009

 

saggi

  • Martina Colicchio, Valentina Mancini, Vincenzo Nesi, Riccardo Paramatti
  • pp. 417-441, DOI: 10.12828/106010

·         Un’analisi con sette indicatori socioeconomici per laureate e laureati triennali

  • Silvia Dell’Anna, Dario Ianes, Giulia Tarini
  • pp. 443-461, DOI: 10.12828/106011

·         Dalla dialettica universale-particolare verso una didattica plurale. Visioni, approcci e strategie per una scuola di tutti e di ciascuno

  • Domenico Carbone, Enrico Gargiulo
  • pp. 463-483, DOI: 10.12828/106012

·         Un reclutamento ‘stratificato’. I docenti italiani tra mobilità territoriale e di carriera

  • Francesco Seghezzi
  • pp. 485-506, DOI: 10.12828/106013

·         I giovani italiani tra mercato e non-mercato. Esperienze e competenze all’interno delle transizioni occupazionali

  • Nadia Crescenzo
  • pp. 507-526, DOI: 10.12828/106014

·         The Education/Learning Dilemma. The Non-Formal Dimension in European Youth Policy

  • Andrea Casavecchia
  • pp. 527-547, DOI: 10.12828/106015

·         Youth Participatory Cultures in Italy. Before and After Lockdown

 

Che fare per l’istruzione e la formazione nella prossima legislatura?

  • Luciano Benadusi, Vittorio Campione
  • pp. 549-550, DOI: 10.12828/106016

·         Che fare per l’istruzione e la formazione nella prossima legislatura?

  • Luciano Benadusi,Vittorio Campione
  • pp. 551-560, DOI: 10.12828/106017

·         Parliamo di scuola

  • Roberto Moscati
  • pp. 561-569, DOI: 10.12828/106018

·         Parliamo di università

  • Fiorella Farinelli
  • pp. 571-579, DOI: 10.12828/106019

·         Parliamo d’istruzione e formazione tecnica e professionale</

di Luciano Benadusi e Orazio Giancola

(l’articolo è stato pubblicato anche da Tuttoscuola.com )

Il primo gesto compiuto dal nuovo governo sulla scuola è stato il cambiamento del nome del Ministero dell’Istruzione aggiungendovi “e del Merito”. Una scelta chiaramente identitaria e assai criticata per varie ragioni, alcune buone altre meno. Portare il discorso politico in materia di educazione sui valori e sui principi è una scelta giusta perché qui entra in gioco più di quanto avvenga per altre tematiche la dimensione valoriale, di solito invece trascurata. Non fosse che in questo caso la scelta è stata effettuata in modo monistico evocando un unico valore di riferimento, per l’appunto il merito. Già un secolo fa Weber aveva notato come nelle società contemporanee si era verificato un passaggio di grande rilievo storico: dal “monoteismo” al “politeismo” dei valori. Sembra invece che nel cielo della scuola di Valditara il merito sia l’unica stella a brillare, o almeno la più luminosa tanto da poter essere indicata come parte per il tutto. Senza tenere conto che merito e meritocrazia sono a loro volta concetti plurali, dato che presentano una grande varietà di significati e di declinazioni. Nel nostro libro intitolato Equità e merito (2022) avevamo impiegato il termine equità in una prospettiva pluralistica, per designare una gamma di principi-valori che hanno ai suoi poli l’eguaglianza e il merito. Principi che possono anche essere combinati e il cui ordine di priorità variare caso per caso.

Citare solo il merito significa relegare in secondo piano l’eguaglianza e fornire così una giustificazione più ampia alle diseguaglianze. Il contrario della nostra costituzione che include l’eguaglianza tra i principi generali (art.3) mentre parla del merito molto più avanti in una norma specifica sull’istruzione (l’art. 34), e solo nell’accezione di eguaglianza delle opportunità (in breve EO), ossia della declinazione egualitaria del principio del merito. A dimostrazione della maggiore importanza ed estensione attribuite al principio egualitario rispetto a quello meritocratico. Nelle argomentazioni a favore della ridenominazione che lo stesso ministro e altri commentatori hanno portato la priorità è capovolta: il merito diventa un principio generale e l’eguaglianza si esaurisce per intero nella sua versione meritocratica perché considerata risolutiva: “Il talento è un dono: premiandolo si sconfigge il classismo” (Ricolfi, La Repubblica, 27 ottobre, 2022).

Nei fatti la questione è molto più complessa, vediamo perché. Eguaglianza delle opportunità significa concepire la scuola come l’arena di una serie di gare per il successo, basate sul talento e sull’impegno dei partecipanti – così Rawls, il maggiore filosofo della giustizia contemporaneo, e così anche il sociologo Young, l’inventore del termine meritocrazia – ma senza alcuna influenza dell’origine socio-familiare degli studenti. Senza avere parificato i punti di partenza il risultato della gara sarebbe falsato e iniquo. Abbiamo così distinto una “meritocrazia pura” da una “meritocrazia spuria”. Le ricerche empiriche ci narrano però che non esiste paese al mondo ove l’influenza delle origini sociali sia stata davvero azzerata; la “meritocrazia reale” rimane sempre (più o meno) spuria. Perché? Dipende solo dal lassismo dei sistemi scolastici che non sollecitano abbastanza l’impegno degli studenti tramite premi e sanzioni? Ma la didattica meritocratica del bastone e della carota ci regalerebbe davvero le pari opportunità? Ne dubitiamo perché, come ci mostrano molte ricerche, l’origine socio-familiare degli studenti (mediamente) non influisce solo sui risultati ma anche sull’impegno, cioè sulla motivazione a studiare e prolungare gli studi fino ai livelli più alti dell’istruzione. E le borse di studio non bastano da sole a cambiare la struttura delle motivazioni. Nemmeno il talento è immune dall’influenza dell’origine sociale. La paura della mobilità sociale discendente delle classi superiori conta di più delle aspirazioni ad una mobilità ascendente a medio-lungo raggio delle classi inferiori (anche in ragione del calcolo del rischio di insuccesso). Inoltre, non mancano evidenze empiriche che la distribuzione genetica dei talenti non sia affatto casuale, diversamente da ciò che asserisce Ricolfi. Ad esempio, una recente ricerca inglese (Crapohi, PNAS, n.14, 2022) ha rilevato quanto il successo scolastico degli studenti (all’esame GCSE) riflette in modo considerevole l’intelligenza (misurata tramite opportuni test) e alcuni tratti della personalità dei genitori. D’altra parte, per avere una misura del talento e delle disposizioni dell’individuo al netto dell’influsso dell’ambiente sociale (i genotipi) occorrerebbe ottenerla alla nascita (se non addirittura prima), cosa impossibile. Infine, Rawls, pur avendo inserito la EO tra le sue fondamentali regole di giustizia, aveva riconosciuto in essa altri due difetti sostanziali. 1) Alla luce del principio di responsabilità, l’ereditarietà genetica del talento non è meno immeritata dell’ereditarietà sociale. 2) L’EO è una meta conseguibile solo in misura parziale. Per realizzarla fino in fondo occorrerebbe infatti ledere il diritto dei genitori di assicurare ai figli il massimo delle opportunità educative e sociali. Tanto è vero che Platone, l’inventore tutt’altro che liberale della EO, proponeva di sottrarli precocemente al loro controllo e affidarli alle cure della repubblica. Consapevole di tali limiti, alla EO, definita “eguaglianza liberale delle opportunità”, Rawls ne aveva affiancata un’altra, definita “democratica”, basata sulla redistribuzione dei redditi e della ricchezza a vantaggio degli svantaggiati. Che significa premiare sì il merito ma non come fonte di un diritto morale dell’individuo bensì come un incentivo ad impegnarsi per la crescita e il benessere della società in modo che tutti ne godano i frutti, a cominciare dai più deboli. Un indirizzo impraticabile in una società meritocratica iper-competitiva dove la stessa scuola funziona come una Olimpiade individualistica del merito, premia i vincitori e si disinteressa dei perdenti o peggio li esclude. Per converso occorrerebbe assecondare lo sviluppo di habitus comunitari, cooperativi e solidaristici.

Concludendo, non condividiamo la riduzione del principio di eguaglianza alla sola EO, la sua versione meritocratica. Ma nemmeno il rifiuto aprioristico del principio del merito, che andrebbe al contrario alimentato per combattere privilegi, pregiudizi e inefficienze presenti anche nel mondo scolastico. Nel nostro libro oltre che ribadire l’importanza della EO in entrambe le declinazioni di Rawls, abbiamo caldeggiato altre due nozioni dell’eguaglianza nella scuola: quella “dei risultati fondamentali in funzione della inclusione” (la soglia minima della carriera scolastica degli studenti e dell’apprendimento delle competenze di base) e quella della “eguale dignità” (principio del rispetto).

Eguaglianza e merito non sono sempre inconciliabili, dipende dai contesti. Per parlare non più di studenti bensì di insegnanti, ispirandoci al criterio del merito come incentivazione ha senso strutturare una carriera di tipo selettivo premiando chi ha acquisito maggiori competenze e può esercitare in modo efficace ruoli più complessi, ad esempio insegnare nelle scuole “difficili” dove si decide la lotta contro la povertà educativa e i divari sociali e territoriali. Definire perciò un preciso ed univoco percorso di formazione, ingresso e avanzamento in questa fondamentale carriera professionale. Ma nel contempo, ispirandoci al criterio dell’eguaglianza si rende necessario innalzare gradualmente le retribuzioni dell’intera categoria per portarle ai livelli degli altri grandi paesi europei.

 

Un caro saluto
pietro valentini

Associazione “Per Scuola Democratica”

C.F. 97619070580 P.IVA 15184841003

C/O Studio Sinopoli

Via Francesco Satolli n. 30 – 00165 Roma

di Luciano Benadusi (fondatore e direttore della rivista scientifica Scuola Democratica) 

Premessa

La lettura dei programmi elettorali dei partiti sulla scuola si presta a molte chiavi di lettura. Comincerò da una lettura di tipo qualitativo. Pur con le dovute differenze si nota una certa disorganicità: buoni o meno buoni propositi messi in fila uno dopo l’altro al di fuori di una comune cornice strategica basata su un’esplicita lettura della realtà e non solo su scelte identitarie e aspettative di raccolta di consensi. Allarmante è che tale difetto compaia maggiormente nei programmi dei due soggetti politici – coalizione di centro-destra e Fratelli d’Italia – destinati, secondo i sondaggi, a vincere la competizione elettorale e ad assumere la leadership del governo. Questi programmi infatti si limitano per lo più a snocciolare elenchi di temi o di obiettivi, del tipo “Rivedere in senso meritocratico e professionalizzante il percorso scolastico” (programma della coalizione), oppure “Contrasto alla dispersione scolastica” (programma FdI), che nulla ci rivelano sul modo in cui tali obiettivi saranno perseguiti e sul grado di priorità che sarà ad essi assegnato.

Un altro limite è l’incompletezza. Un tema che non manca mai è quello del personale, in particolare del trattamento economico della categoria e della messa in ruolo dei precari. Se si andasse a cercare il possibile cemento di un governo di unità nazionale lo si troverebbe proprio su questi temi, malgrado le ingenti spese che le proposte su di essi comportano. Ovviamente non si può negare che si tratti di un tema essenziale: gli insegnanti sono la prima risorsa di cui ha bisogno la scuola. Compaiono di frequente altri temi importanti ma sono meno consensuali. In particolare tre: l’obbligo scolastico o diritto-dovere, la struttura dei cicli, il tempo pieno. Più diffusamente il terzo perché gli altri due sono più divisivi.

Scarsa è invece l’attenzione ad altri temi importanti. Per esempio, al tema della governance del quale si occupano soprattutto i partiti di centro-destra, ma solo per ribadire la controversa richiesta di equiparazione del finanziamento della scuola paritaria a quello della scuola pubblica. La questione dell’autonomia scolastica invece viene per lo più riposta in soffitta, mentre sarebbe il caso di farle un tagliando per riaprire un cantiere da tempo abbandonato e oramai arrugginito. Ancora più sfocato il tema della riforma dell’amministrazione centrale, fatta eccezione per qualche riferimento qua e là alla questione della valutazione. Così pure quello dei rapporti stato-regioni (sorprendente il silenzio in materia finanche della Lega, malgrado la scuola rientri fra i settori compresi nel suo progetto di autonomia differenziata). Raramente si richiamano le riforme dei curricoli e della didattica, e c’era da aspettarselo in quanto sono di grande rilievo per docenti e studenti ma, particolarmente la didattica, distanti dall’interesse dei politici perché di solito non formano oggetto dell’attività legislativa del parlamento. Quanto ai curricoli colpisce che il tema dell’educazione alla cittadinanza, sempre più cruciale in un tempo di crisi della democrazia, sia menzionato solo (e genericamente) nei programmi di due dei sei maggiori dei quali ci occuperemo analiticamente qui di seguito. Non migliore, a prescindere dal PNRR, l’attenzione riservata alle politiche europee dell’istruzione. Uno dei concetti-chiave a livello dell’Unione – il lifelong learning -sembra che sotto il cielo della politica italiana non abbia fatto ancora la sua comparsa, tanto che nei programmi elettorali dei maggiori partiti nessun accenno si rinviene all’educazione degli adulti.

Non sorprendono perciò i commenti molto severi di alcuni esperti del settore. Ne citiamo uno riferito all’insieme dei programmi: “L’impressione è che a prevalere sia l’intenzione di spremere dal gran calderone dello scontento scolastico il massimo possibile di consensi. Obiettivi come ami lanciati nella veloce e distratta corrente elettorale a gruppi di pressione e a interessi specifici, richiami a sensibilità culturali ed educative particolari, talora antichi e obsoleti cavalli di battaglia.” (Farinelli, 2022). E in ciò vi si ravvisa una curvatura populista. In realtà se di questo si tratta è forse un populismo per forza piuttosto che per amore. Fino a quando è esistito in Italia un solido sistema di partiti questi assolvevano a due funzioni essenziali per il buon funzionamento della democrazia: l’alfabetizzazione politica dell’elettorato e la formazione dei gruppi dirigenti. I grandi partiti (e non solo questi) disponevano di ben organizzati uffici-scuola dove in continuità lavoravano fianco a fianco parlamentari ed esperti. Inoltre, essi attraverso una rete di uffici regionali e provinciali gestivano un flusso bidirezionale di informazioni, conoscenze e orientamenti che arrivavano anche a coinvolgere in qualche misura i docenti e gli studenti. Oggi, nell’epoca dei partiti personali e del marketing politico, tutto ciò è stato spazzato via ed è svanito perfino dalla memoria dei più. Non c’è dunque da meravigliarsi che la politica anziché guidare sia guidata dagli interessi, i preconcetti e le emozioni diffuse tra gli elettori. Troppo presto sono sopravvenute le elezioni perché andasse avanti il coraggioso progetto delle Agorà, con il quale Enrico Letta intendeva rifondare il PD trasformandolo da coacervo litigioso di correnti di vertice a strumento di democrazia partecipativa e deliberativa.

Veniamo ora alle convergenze e alle differenze ravvisabili nei contenuti, per le ragioni dette a partire dal tema personale. Affronterò poi il tema strategico delle riforme ordinamentali (intese in senso ampio), mentre ometterò di trattare il tema edilizia, pure molto importante, perché fortunatamente già oggetto di un robusto piano di investimenti del PNRR. Ad essi qualcuno dei programmi elettorali dei partiti propone di far seguire un piano a più lungo termine, finanziato con risorse interne.

Passeremo ora in rassegna i programmi dei sei maggiori partiti: Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Azione-ItaliaViva, Partito democratico, Movimento 5Stelle.

Per proseguire la lettura dell’articolo e accedere alla sua versione completa, cliccare il link qui sotto:

http://www.learning4.it/wp-content/uploads/2022/09/I-programmi-elettorali-dei-parti-sulla-scuola-settembre-2022.pdf 

Questo Numero Speciale si propone di dare continuità alle riflessioni ospitate in questi anni sulle pagine della rivista scientifica Scuola Democratica, pubblicando contributi che offrono spunti al dibattito sulle trasformazioni del sistema scolastico e universitario italiano, inteso come sistema ‘poroso’ in cui le dinamiche del cambiamento possono essere comprese solo se collocate e interpretate in uno spazio educativo europeo e globale. Gli articoli raccolti in questo numero speciale discutono di tre focus principali che diventano centrali nei sistemi educativi contemporanei in Italia e in Europa: epistemologie educative, forme emergenti di governance e forme emergenti di soggettività

Gli articoli sono scaricabili dalla pagina web della rivista https://www.rivisteweb.it/issn/1129-731X/issue/8452

Indice

numero 1, 2022, gennaio-aprile

ISBN: 978-88-15-38197-2 |

TITOLO: LE FORME DELL’EDUCAZIONE. EPISTEMOLOGIE. GOVERNO E SOGGETTIVITÀ

a cura di Emiliano Grimaldi, Paolo Landri e Assunta Viteritti | Annata: XIII |

 

Luciano Benadusi “Guerra e democrazia” pp. 3-9, DOI: 10.12828/103940

 

saggi

Emiliano Grimaldi,Paolo Landri, Assunta Viteritti “Il movimento delle forme dell’educazione. Epistemologie, governo e soggettività” pp. 11-24, DOI: 10.12828/103941

 

Marco Pitzalis, Emanuela Spanò “Il corpo assente. Riflessioni sulla scuola ri-materializzata” pp. 25-44, DOI: 10.12828/103942

Stefano Oliverio “La scuola beyond the stable state. Apprendimento, differenze e le seduzioni del cittadino globale”, pp. 45-64, DOI: 10.12828/103943

 

Camilla Gaiaschi, Camilla Veneri, Marina Cacace “Gendering Knowledge in Research Organisations and Higher Education. The Case of the Medical Sciences” pp. 65-84, DOI: 10.12828/103944

 

Valeria Fabretti, Davide Azzolini “Try walking in my shoes. Il rapporto con l’alterità culturale degli adolescenti italiani e il possibile contributo della nuova educazione civica” pp. 85-110, DOI: 10.12828/103945

 

Mariacristina Sciannamblo “In Between Matters of Concern and Matters of Care. Rethinking the Third Mission of Higher Education” pp. 111-130, DOI: 10.12828/103946

 

Emanuela Spanò “Topografie scolastiche. Riflessioni su una scuola di periferia” pp. 131-150, DOI: 10.12828/103947

 

Stefania Chimenti, Antonio Fasanella, Fiorenzo Parziale “Le configurazioni organizzative dell’alternanza scuola-lavoro in Italia” pp. 151-172, DOI: 10.12828/103948

 

Francesco Cappa, Elena Mauri, Federica Mazzoccoli “Effetti formativi del dispositivo scolastico digitalizzato. Una ricerca-azione sull’esperienza formativa nella pratica di didattica a distanza” pp. 173-191, DOI: 10.12828/103949

 

Matteo Adamoli,Enrico Miatto “La scuola come medium educativo aperto, partecipativo e inclusivo nella rivoluzione digitale” pp. 193-210, DOI: 10.12828/103950

 

recensioni

Barbara Pentimalli

Hall, J.K. and Looney, S.D. (2019), The Embodied Work of Teaching

pp. 211-214, DOI: 10.12828/103951

 

Fulvia Antonelli

hooks, b. (2020), Insegnare a trasgredire. L’educazione come pratica della libertà

pp. 214-217, DOI: 10.12828/103952

 

Giancarlo Gasperoni

Paseka, A. e Byrne, D. (eds.) (2020), Parental Involvement Across European Education Systems: Critical Perspectives

pp. 217-219, DOI: 10.12828/103953

Dall’anno scolastico 2015-2016 l’Alternanza Scuola-Lavoro è stata resa obbligatoria nel secondo biennio e nell’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado, per 400 ore negli istituti tecnici e professionali e per 200 ore nei licei. La progettazione dei percorsi ha assunto un’articolazione triennale per meglio contribuire a sviluppare le competenze richieste dal profilo educativo, culturale e professionale dei corsi di studi. Il presente Rapporto di ricerca illustra i risultati e un primo bilancio di attuazione di questa riforma, focalizzandosi sui punti di forza e di debolezza, sulle buone pratiche come sulle criticità emerse nei primi anni di applicazione della Legge 107 del 2015, cosiddetta “Buona scuola”. Così come riformato il sistema dell’Alternanza rappresenta un unicum in Europa: in nessun paese europeo è prevista l’obbligatorietà didattica e curriculare dell’apprendimento in contesti lavorativi per tutti i tipi e gli indirizzi di scuola superiore, compresi i licei (§ Allegato “Modelli ed esperienze in Europa”).

Le nuove complessità nella progettazione e organizzazione dei percorsi di Alternanza hanno stimolato interessanti iniziative di rete e cooperazione tra scuole e diversi soggetti del territorio che hanno tentato di sfruttare le economie di scala che si intravedono quando più istituti cooperano nei rapporti con le realtà lavorative

La programmazione di lungo termine tra istituti scolastici, imprese, associazioni di categoria, Uffici scolastici regionali e provinciali, nella prospettiva di una rete plurima di soggetti e la strutturazione di modelli di governance condivisi con più figure e ruoli sembra rappresentare una delle strategie più efficaci per garantire percorsi di Alternanza sostenibili, coerenti e di qualità. Al contempo l’alleanza formativa tra scuola, impresa e istituzioni del territorio è stata realizzata con molteplici modalità operative e forme giuridiche che implicano esiti differenti in termini di responsabilità dei partner.

La notevole eterogeneità dei modelli e delle esperienze di attuazione, con la coesistenza tra pratiche generative di arricchimento per le scuole, i docenti, gli studenti e perfino le imprese e al contempo persino le pratiche riduttive e banalizzanti costituiscono un primo segno della diffusione di una sperimentazione capillare dal basso, che ha generato una vasta mole di esperienze e di percorsi.

Per scaricare il volume premi QUI e accedi all’intera collana dei volumi Scuola Democratica in Open Access

Il 16 novembre si è svolto il seminario “Educazione civica. Oltre le regole”, organizzato dalla rivista Scuola Democratica in collaborazione con il Dipartimento di studi giuridici dell’Università statale di Milano e l’Osservatorio sulla criminalità organizzata. Il seminario, progettato da Alessandro Cavalli e Nando dalla Chiesa, ha visto la partecipazione di alcuni tra i più autorevoli collaboratori del numero speciale della rivista, dedicato al tema “Educazione Civica ed alla cittadinanza” (maggio 2021, ricordiamo che  il volume è disponibile in modalità open access dal sito dell’editore Il Mulino al link seguente: https://www.rivisteweb.it/issn/1129-731X/issue/8212 ).

Tuttoscuola risponde al seminario con un contributo prezioso. Non solo offre una eccellente sintesi di quanto emerso nel seminario.(v. https://www.tuttoscuola.com/educazione-civica-1-un-seminario-di-scuola-democratica/)

Tuttoscuola inoltre evidenzia e approfondisce ,  in un articolo ad hoc un tema centrale all’interno del seminario di Scuola democratica, ossia la ricerca di un modello interpretativo dell’EC capace di svilupparne la funzione di educazione all’esercizio della cittadinanza, la funzione cioè di “alfabetizzazione politica”. Si tratta, come nota Tuttoscuola, di una mission costitutiva della attuale identità della rivista, che al momento dell’avvio della sua seconda serie (2010) ha fatto della riflessione sul ruolo dell’educazione nella costruzione della società democratica il suo principale oggetto di studio, tanto da scegliere un sottotitolo di ispirazione chiaramente deweyana: learning for democracy (Democracy and Education è il titolo del celebre libro del filosofo e pedagogista americano, pubblicato nel 1916). (v. https://www.tuttoscuola.com/educazione-civica-2-quale-modello-di-democrazia/)

Tuttoscuola raccoglie questo spunto di approccio all’EC e selezionando per il lettore i suoi articoli che più hanno affrontato questo tematiche, offre attraverso un pratico elenco di link l’opportunità di preziosi approfondimenti. Li riportiamo anche qui di seguito: