STORIE DA CONOSCERE E RACCONTARE: “La tredicesima estate” di G. Skoldenberg

A cura di Eugenia Marzocca, psicologa e psicoterapeuta

Non è propriamente un romanzo di divulgazione psicologica, ma le due protagoniste-cugine de “La tredicesima estate” di Gabriella Skoldenberg (Beisler ed., Materie prime, trad. Samanta k. Milton Knowles , pp.209, € 15,90) sono un esempio lampante di quanto avviene quando i genitori, come scrive nella postfazione il pedagogista Marco Dallari, sono incapaci di intrattenere con i propri figli una modalità relazionale adeguata. Tutto ciò viene definito con l’espressione della psicoterapeuta svizzera Alice Miller “Trascuratezza emotiva”, ovvero l’assenza da parte dei genitori di un appropriato, idoneo supporto emozionale ai propri figli.

Nella storia qui raccontata, infatti, non si parla di maltrattamenti e abusi che sono componenti più facilmente individuabili subito, ma di comportamenti meno evidenti ma ai nostri giorni molto diffusi soprattutto nella preadolescenza, determinati in genere da un atteggiamento da parte degli adulti di grande attenzione soprattutto ai bisogni fisiologici e alle richieste materiali dei propri figli. Il risultato si evidenzia spesso nei ragazzi con fenomeni di narcisismo esasperato, incapacità totale di guardare al di là del proprio ombelico, insicurezza estrema con la contro-risposta di ricerca di conferma delle proprie capacità ai limiti del parossismo; senso di onnipotenza con conseguente spericolatezza di prove fisiche a rischio, per esempio andare a velocità eccessiva sia con i motorini che con le automobili senza rispettare le regole stradali, per non parlare di bullismo e spesso di cyberbullismo purtroppo sempre più frequenti e invasivi. A ciò si può aggiungere una volontà esasperata di affermarsi imponendo anche con la violenza non solo verbale il proprio controllo sugli amici e compagni di classe.

Ebbene le due ragazzine descritte con penna veloce e accattivante da Gabriella Skoldenberg rientrano in misura paradigmatica in questa cornice. Lo scenario in cui si svolgono le loro vacanze è la casa del nonno in montagna. Un luogo solare ricco di pendii tranquilli e immoti, di vette scintillanti di muschio e gialle di licheni e fiori selvatici dal profumo acre. Fin da piccole Sandra e Angelica, più o meno coetanee, figlie di due sorelle molto legate fra loro e con legami sentimentali difficili, trascorrono il periodo estivo in questo luogo incantevole e familiare. C’è anche la zia acquisita Ruth, single, di taglia imponente e amante dei dolci, affezionata alle due bambine che ha visto crescere negli anni. Molto diverse di carattere le due cugine si vogliono bene ed hanno un forte legame fra loro. Sandra maggiore di un anno è sempre stata irrequieta e problematica, Angelica, voce narrante del romanzo, è invece tranquilla e riflessiva, ma succube della personalità decisa e prepotente dell’altra.

Fin dalle prime pagine si avverte tuttavia che questa non sarà un’estate come le altre, ma segnerà drammaticamente la transizione da una fase dell’esistenza a un’altra. La fine dell’infanzia per Angelica significherà infatti la sempre più chiara consapevolezza della separazione e differenza emotiva da Sandra. “Qualcosa è di nuovo cambiato in lei. Parla in maniera fredda e controllata…”. Lei stessa ammette: “Ho più controllo adesso. Agli adulti piace. Agli adulti piacciono le bambine ubbidienti. Quelle come te Angelica.” E in ogni modo cercherà di imporsi alla cugina trascinandola in giochi sempre più pericolosi e inquietanti. In continue sfide psicologiche e fisiche segnate da una curiosità morbosa verso il proibito e atti di autolesionismo. In questa sorta di latente duello non ci sono accenti convenzionali, ma una complessa rete psicologica che indica come per crescere occorra in varia misura attraversare esperienze spesso difficili e traumatiche.