STORIE DA CONOSCERE E RACCONTARE: “Archie, il bambino che parlava agli elefanti” di L. Martìnez

a cura di Paola Benadusi Marzocca (esperta di letteratura giovanile per ragazzi)

L’avventura dipinge sempre belle fantasie di un mondo ardimentoso e in armonia con l’habitat naturale circostante; se poi i protagonisti sono un ragazzino e una piccola elefantessa che vivono in Africa si arricchisce di un’atmosfera particolarmente suggestiva. “Archie, il bambino che parlava agli elefanti” dello spagnolo Lluìs Prats Martìnez (Rizzoli, trad. Albero Cristofori, pp. 223, € 16,50) vive a Kericho in Kenya ed è figlio di un ricco proprietario inglese di una piantagione di tè. Siamo nel 1947 e lo scenario è quello di una natura incontaminata e selvaggia, dove tutto sembra possibile; un luogo sospeso tra il cielo azzurrissimo e la savana punteggiata di acacie che si confondono con il bianco delle nuvole. Le giornate trascorrono serene tra la domestica che si occupa di lui e la mamma, donna sensibile e intelligente. Sicuramente le connotazioni emotive che il bambino ricava da questa infanzia magica caratterizzeranno le vicende successive della sua vita. Come dimenticare scorci di bellezza indescrivibile, sensazioni di un mondo che offre di giorno in giorno magiche scene, quadri incantati che sembrano appartenere solo a lui, Archibald Artur?
“In Africa il tempo si vive, si mastica, si beve, si annusa, e si gode. In Africa non c’è futuro perché tutti vivono nel presente.” Ma la storia di Archie inizia con il parto di un’elefantessa vicino a un villaggio, fatto questo assai raro e considerato un evento straordinario dagli abitanti perché gli elefanti in Africa sono ritenuti “una benedizione del cielo. E i vecchi prevedevano almeno sette anni di buoni raccolti.”
Il bambino che con la sua tata assiste emozionato all’evento, chiamerà la piccola elefantessa appena nata Jumbo. Stupito dalla dolcezza degli occhi dorati dell’animale la va spesso a trovare stabilendo con lei fin dall’inizio un rapporto speciale, apprezzato dai nativi che considerano Archie uno di loro, mentre disprezzano l’orgoglio e la superbia dei coloni britannici . “A.A pensava che se avevi un elefante tutto per te, non potevo desiderare di più dalla vita.” La sua tata gli spiega inoltre che gli elefanti avevano ricevuto da Dio “il compito di custodire il continente, di disperdere i semi e di ripulire le foreste dai cespugli.”
Non sarà sempre così perché la violenza e l’avidità degli uomini distruggerà foreste e animali. E non solo. La situazione politica diventa sempre più difficile perché il Paese è sull’orlo della ribellione e avvengono feroci episodi di uccisioni di inglesi da parte dei ribelli Mau Mau. I genitori di Archie decidono quindi di rientrare in Inghilterra. E qui comincia la seconda fase della vita di Archie a Londra “dove l’avrebbero fatto diventare un gentleman e avrebbero eliminato quella patina di selvatico” assunta secondo il padre in Africa.
Archie tuttavia non dimenticherà quella che considera la sua terra e la sua amica Yumbo, anche se si abitua al Winchester College e impara a sopportare “quei compagni un po’ presuntuosi, convinti che un giorno avrebbero retto le redini del mondo perché vivevano nell’illusione che la Gran Bretagna fosse un impero…”. Attraverso la madre conoscerà le “Memorie d’Africa” della grande scrittrice danese Karen Blixen ancora vivente e si metterà in contatto con lei. Il sogno di Archie è quello di tornare in Kenia e ritrovare la sua elefantessa. Riceverà dalla scrittrice una lettera struggente:
“Ritornare in Africa? mi chiedi. Ci andrei oggi stesso se avessi quarant’anni di meno e la salute me lo permettesse. Perché spesso è nei luoghi dove abbiamo più sofferto che siamo stati più felici…” .E ancora : “Trova la tua strada e seguila senza esitare nemmeno un istante. Non guardarti mai indietro e non ascoltare quelli che riempiono di pietre il nido che hai nel cuore.” Inutile dire che Archie farà tesoro del suo consiglio consapevole che spesso la vita degli animali sulla terra è una sequenza di crudeltà e prevaricazione.