STORIE DA CONOSCERE E RACCONTARE: “Inverno di guerra” di Jan Terlouw

Recensione a cura di Paola Benadusi Marzocca

La libertà è una conquista difficile e non si può mai darla per scontata, come la pace e la possibilità di vivere in serenità. Tutto questo racconta INVERNO DI GUERRA di Jan Terlouw (La Nuova Frontiera Junior, trad. Valentina Freschi, pp.219, €16,00), romanzo avvincente e profondo che fa comprendere gli aspetti crudeli, insensati, contraddittori della guerra ma, anche la capacità di reazione dei giovani, la loro forza e il loro anelito alla giustizia e al bene.

Siamo nei Paesi Bassi nell’inverno del 1944 sotto l’occupazione tedesca. Sono già sbarcati gli americani in Normandia e i caccia inglesi contrastano senza sosta la ritirata dei nemici. Michiel, il protagonista, è un ragazzo di sedici anni, figlio del sindaco del piccolo paese di De Vlank al confine con la regione del Veluwe vicino a Zwolle percorsa dal fiume Ijssel. Lo scenario è importante perché sul fiume ci sono due ponti che l’esercito alleato cerca di distruggere. “Gli occupanti tedeschi, che sapevano bene di stare perdendo, infierivano come mai prima.” Tutto ciò che era commestibile, dagli animali alla farina ai legumi, veniva portato via, in Germania, per cui era scoppiata nelle città più grandi una terribile carestia e di conseguenza dilagava il mercato nero; giravano ovunque spie e avventurieri; ma a contrastare il nemico si erano formati anche gruppi di resistenza altrettanto determinati dei loro avversari. In questa situazione estrema Michiel si trova ad affrontare scelte difficili; da una parte vorrebbe entrare nella Resistenza, dall’altra teme per la sua incolumità e quella dei suoi cari. Sono avvenuti episodi terribili, uccisioni, deportazioni, torture per chi agiva contro i tedeschi.
Lo zio Ben, amico intimo della sua famiglia, che gode della sua fiducia, lo dissuade fermamente da prendere decisioni che potrebbero rivelarsi soltanto pericolose per la sua incolumità e quella dei suoi compaesani. Ammazzare gli ufficiali tedeschi è una cosa “particolarmente irresponsabile”, spiega a Michiel. Soprattutto perché “ciò che si ottiene così è che i crucchi prendono degli ostaggi, cittadini qualsiasi, e li giustiziano senza processo.” In qualche modo, tuttavia, il ragazzo si troverà coinvolto nella Resistenza insieme alla sorella maggiore che lui vorrebbe proteggere ma, che non esita a curare un prigioniero inglese ferito, nascosto in una grotta nel bosco. Inizialmente Michiel è preoccupato e impaurito; sa bene che non deve parlare con nessuno e usare mille strattagemmi per non farsi notare mettendo a rischio la sua vita e quella degli altri. Ricorda con commozione le parole del padre quando parlando della guerra gli diceva che altro non significava se non “fame, lacrime, sacrifici, paura, dolore…” . Malgrado ciò, il ragazzo con il passare dei mesi si rende conto che dalla guerra si può anche imparare qualcosa. Si accorge infatti con inquietante consapevolezza che affrontando imprevisti ed esperienze anche traumatiche, è passato in un attimo da una fase della vita all’altra; non è più l’adolescente di un tempo perché la sua visione della realtà e di se stesso è mutata. Ormai è diventato un uomo consapevole che senza mettersi in gioco lottando con forza e decisione non c’è salvezza, ma solo la fuga e la morte.