Dall’anno scolastico 2015-2016 l’Alternanza Scuola-Lavoro è stata resa obbligatoria nel secondo biennio e nell’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado, per 400 ore negli istituti tecnici e professionali e per 200 ore nei licei. La progettazione dei percorsi ha assunto un’articolazione triennale per meglio contribuire a sviluppare le competenze richieste dal profilo educativo, culturale e professionale dei corsi di studi. Il presente Rapporto di ricerca illustra i risultati e un primo bilancio di attuazione di questa riforma, focalizzandosi sui punti di forza e di debolezza, sulle buone pratiche come sulle criticità emerse nei primi anni di applicazione della Legge 107 del 2015, cosiddetta “Buona scuola”. Così come riformato il sistema dell’Alternanza rappresenta un unicum in Europa: in nessun paese europeo è prevista l’obbligatorietà didattica e curriculare dell’apprendimento in contesti lavorativi per tutti i tipi e gli indirizzi di scuola superiore, compresi i licei (§ Allegato “Modelli ed esperienze in Europa”).
Le nuove complessità nella progettazione e organizzazione dei percorsi di Alternanza hanno stimolato interessanti iniziative di rete e cooperazione tra scuole e diversi soggetti del territorio che hanno tentato di sfruttare le economie di scala che si intravedono quando più istituti cooperano nei rapporti con le realtà lavorative
La programmazione di lungo termine tra istituti scolastici, imprese, associazioni di categoria, Uffici scolastici regionali e provinciali, nella prospettiva di una rete plurima di soggetti e la strutturazione di modelli di governance condivisi con più figure e ruoli sembra rappresentare una delle strategie più efficaci per garantire percorsi di Alternanza sostenibili, coerenti e di qualità. Al contempo l’alleanza formativa tra scuola, impresa e istituzioni del territorio è stata realizzata con molteplici modalità operative e forme giuridiche che implicano esiti differenti in termini di responsabilità dei partner.
La notevole eterogeneità dei modelli e delle esperienze di attuazione, con la coesistenza tra pratiche generative di arricchimento per le scuole, i docenti, gli studenti e perfino le imprese e al contempo persino le pratiche riduttive e banalizzanti costituiscono un primo segno della diffusione di una sperimentazione capillare dal basso, che ha generato una vasta mole di esperienze e di percorsi.
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