STORIE DA CONOSCERE E RACCONTARE : “Ruby Bridges è entrata a scuola” di E. Puricelli Guerra

Recensione a cura di Paola Benadusi Marzocca (esperta di letteratura giovanile per ragazzi)

La storia può tornare indietro? Negli Stati Uniti la discriminazione razziale è stata abolita negli anni ’50 del secolo scorso, ma viviamo in un’epoca piena di contraddizioni, in cui il cinismo ha preso il sopravvento.

In generale i giovani hanno un maggiore senso della giustizia rispetto agli adulti come avviene nella storia raccontata da Elisa Puricelli Guerra, RUBY BRIDGES E’ ENTRATA A SCUOLA (Einaudi, pp158, €12,00).

Il titolo richiama il nome della prima bambina di colore ad entrare in una classe formata da soli alunni bianchi, all’età di soli 6 anni. Era il 1960 Ruby Bridges, si presentò in classe scortata da un gruppo di agenti federali, accolti da una folla inferocita, che si ribellava lanciando oggetti contro la bambina. Fino a quel momento, negli USA non esistevano classi miste, e i bianchi erano rigidamente separati dagli afroamericani, che non potevano frequentare gli stessi istituti dei loro coetanei bianchi .

La storia di Elena Puricelli Guerra è ambientata nella New Orleans dei nostri giorni. Protagonisti sono due giovani studenti, Billie ed Eric, lei nera, lui bianco. Frequentano la stessa scuola, la Central Saint Charles Junior, il cui obiettivo è quello “di integrare le nuove generazioni per garantire loro un futuro migliore”. Facile a dirsi! Il razzismo è più che mai presente e neppure tanto mascherato. Tutti a parole sono d’accordo che è un affronto alla dignità della persona, ma nella vita quotidiana e all’interno della scuola la fratellanza universale è una grossa utopia.

Per Billie frequentare quella scuola tuttavia è un’ occasione perché la scuola del suo quartiere abitato da famiglie afroamericane non è tra le migliori; è infatti una scuola nella quale “gli insegnanti sono sottopagati e scoraggiati, dove non ci sono sufficienti risorse, dove le studentesse rimangono incinta a sedici anni e i maschi lasciano alla prima opportunità e finiscono a spacciare e a farsi ammazzare da una gang o dalla polizia…”. Sembra la trama di un film non solo di ghetti americani, ma anche di periferie di alcune città italiane, solo che anziché la polizia, è la mafia a uccidere. Ma torniamo alla narrazione. Scoppia un incendio subito domato in una aula del liceo e senza nessuna prova e testimonianza viene accusata e arrestata Trina, una ragazza afroamericana amica di Billie. Quest’ultima reagisce con violenza, ma poiché non mancano professori di buona volontà anziché essere sospesa viene invitata a fare una ricerca proprio con Eric, il suo compagno bianco a cui ha rotto il naso con un pugno.
“Collaborazione” questa è la parola d’ordine. E la ricerca sarà su Ruby Bridges, la bambina di colore che nel 1960 ad appena sei anni fu ammessa in una scuola per soli bambini bianchi di New Orleans che le avrebbe garantito un’istruzione superiore al fine di promuovere l’integrazione razziale. Una delle questioni che solitamente non si sottolinea pienamente è che Ruby aveva superato il test insieme ad altre bambine nere, ma tutte tranne Ruby si erano ritirate per paura di minacce e rappresaglie. I genitori di Ruby avevano deciso che la loro bambina anche da sola ce l’avrebbe fatta.
Come ha scritto Martin Luther King con inequivocabile chiarezza: “alcuni di noi devono addossarsi il fardello di salvare l’anima dell’America.” La vicenda di Ruby raccontata con stile incisivo e avvincente dalla scrittrice ricorda un po’ quella di Rosa Parks avvenuta pochi anni prima in Alabama. Un’umile sarta di colore che si trasforma come una crisalide in farfalla, nel simbolo della lotta razziale negli Stati Uniti per aver pronunciato un “No” che avrebbe significato per lei il carcere, ma assunto anche una portata sociale dirompente, mutando profondamente la vita di molte persone.

Leggendo questo libro scritto con stile incisivo e avvincente, si comprende quanto il comportamento individuale sia determinante nelle scelte collettive anche se ciò presuppone l’esistenza di un regime democratico, altrimenti certe contraddizioni fra le leggi statali di segregazione razziale e i principi della Costituzione americana non sarebbero state neppure notate.
La vicenda di Ruby Bridges non ha tuttavia contrariamente a quella di Rosa Parks un esito felice. Anche se a scuola è stata integrata formalmente, il secondo anno la bambina si sente “completamente sola. Nessuno le parla. Nessuno le spiega le cose.” La nuova insegnante non è gentile come quella dell’anno prima, e Ruby comprende subito che non le sarebbe mai piaciuta. Sente comunque ostile l’atmosfera di quella scuola e per ragioni che non riesce a comprendere. “Come si fa a essere normali con il cuore spezzato? La scuola è stata integrata, ma a che prezzo? Quel lungo e strano viaggio l’ha cambiata per sempre.”