STORIE DA CONOSCERE E RACCONTARE: Recensione di IL VIAGGIO SEGRETO DEI VIRUS di Iaria Capua

a cura di Paola Benadusi Marzocca (esperta di letteratura giovanile per ragazzi)

Di virus oggi parlano tutti e ovunque in continuazione a causa della pandemia del Covid 19 in atto nel mondo. Non c’è programma televisivo che non affronti questo tema, per non dire di Internet, di giornali, di opinionisti di tutte le tendenze, di scienziati, di comuni cittadini. I bambini però sono i più fantasiosi: per loro il virus in questione è una sorta di pittoresco alieno che si nasconde ma non fa particolare paura. Ma i bambini si sa sono capaci di volare lontano tra palazzi di ghiaccio, guerre stellari e giardini incantati.

Ilaria Capua, scienziata di fama internazionale, nel suo prezioso libro, IL VIAGGIO SEGRETO DEI VIRUS – Alla scoperta delle creature più piccole, dispettose e sorprendenti dell’Universo – ( De Agostini, pp.171, € 13,90), ci introduce in una dimensione sconosciuta quanto vicina a noi partendo da una domanda fondamentale: che cosa sono esattamente i virus? “Per me”, scrive, “i virus sono creature affascinanti che spesso però combinano un sacco di guai. In latino “virus” significa veleno, e in effetti i virus, anche se non sono velenosi, possono produrre effetti simili.” La conoscenza del mondo naturale deve essere insegnata da chi ne ha raccolto parecchi frammenti, da chi si è impegnato studiando da vicino questi folletti maligni che possono propagarsi alla velocità della luce e attaccare spargendo morte e desolazione.
L’autrice racconta in modo chiaro e avvincente l’aspetto, le caratteristiche, le potenzialità di questi piccolissimi, microscopici parassiti che riescono a colpire con forza mortale animali domestici e selvatici, creature umane, piante. Traducendo il significato di parole difficili, poco conosciute nelle scuole e nelle case se non dagli specialisti, l’autrice spiega con dovizia di particolari come nascono e si propagano e così facendo ci introduce nel mondo della scienza. In particolare sottolinea un concetto importante: “C’è un solo virus contro cui la scienza può fare poco: quello dell’ignoranza.”
. Mai come ai nostri giorni il dibattito sulla scienza e la sua complessità è stato particolarmente acceso. La scienza anzitutto non è un’opinione, è volta a svelare e comprendere i meccanismi della natura e i suoi misteri, è quindi fine a se stessa e niente può fermarla o condizionarla, pur essendo basata su verità opinabili, non assolute. Ilaria Capua, specializzata nell’ambito delle malattie trasmissibili dagli animali all’uomo, chiarisce non pochi dubbi. La ricerca ha un alto costo, e va finanziata sia la ricerca di base che quella indirizzata a un fine ben preciso, attualmente scoprire nuovi farmaci per bloccare la pandemia del Covid 19. “L’uomo del XXI secolo è riuscito in un’impresa senza precedenti nella storia dell’umanità: ha creato una pandemia in una manciata di giorni.”, scrive, e ancora “il “Covid 19 è la cartina al tornasole di un sistema così totalmente interconnesso da non lasciare spazio di manovra per gestire un’emergenza sanitaria come quella che stiamo vivendo.” Con la sua guida si entra pagina dopo pagina in una dimensione abitata da tutte le creature umane ma, in realtà un universo conosciuto da pochi. “Abbiamo dimenticato che siamo l’unica specie vivente ad avere la capacità di comprendere i meccanismi che regolano la natura e che, di conseguenza, ne abbiamo la responsabilità.” Il ricercatore in effetti è una sorta di ragazzino curioso che pratica la ricerca come un gioco, che si diverte nel farla, e da questo gioco nasce il progresso. La ricerca di base non è finalistica, non si fa una ricerca per scoprire qualcosa di concreto, si studia e ci si appassiona per scoprire l’ignoto e rivelarlo per il bene del nostro pianeta. Quando uno di questi segreti è svelato, il ricercatore ne trae soddisfazione ma, a volte avviene che il risultato della sua scoperta sia strumentalizzato dalla speculazione economica o politica. Ebbene questo è un danno per tutti. La ricerca può offrire enormi vantaggi, ma se usata per altri fini, può recare danni incommensurabili. Un altro elemento affascinante in questo campo è il “caso”, proprio lui è all’origine di molte scoperte. Pensiamo per esempio a Galileo Galilei che per caso nel duomo di Pisa vide il dondolio di un lampadario. Per qualsiasi altro quel dondolio sarebbe stato un avvenimento senza significato, per Galileo fu la spinta a scoprire le leggi sul pendolo.
Ragazzi cosa aspettate a dedicarvi alla ricerca scientifica?

Recensione a cura di Paola Benadusi Marzocca

La libertà è una conquista difficile e non si può mai darla per scontata, come la pace e la possibilità di vivere in serenità. Tutto questo racconta INVERNO DI GUERRA di Jan Terlouw (La Nuova Frontiera Junior, trad. Valentina Freschi, pp.219, €16,00), romanzo avvincente e profondo che fa comprendere gli aspetti crudeli, insensati, contraddittori della guerra ma, anche la capacità di reazione dei giovani, la loro forza e il loro anelito alla giustizia e al bene.

Siamo nei Paesi Bassi nell’inverno del 1944 sotto l’occupazione tedesca. Sono già sbarcati gli americani in Normandia e i caccia inglesi contrastano senza sosta la ritirata dei nemici. Michiel, il protagonista, è un ragazzo di sedici anni, figlio del sindaco del piccolo paese di De Vlank al confine con la regione del Veluwe vicino a Zwolle percorsa dal fiume Ijssel. Lo scenario è importante perché sul fiume ci sono due ponti che l’esercito alleato cerca di distruggere. “Gli occupanti tedeschi, che sapevano bene di stare perdendo, infierivano come mai prima.” Tutto ciò che era commestibile, dagli animali alla farina ai legumi, veniva portato via, in Germania, per cui era scoppiata nelle città più grandi una terribile carestia e di conseguenza dilagava il mercato nero; giravano ovunque spie e avventurieri; ma a contrastare il nemico si erano formati anche gruppi di resistenza altrettanto determinati dei loro avversari. In questa situazione estrema Michiel si trova ad affrontare scelte difficili; da una parte vorrebbe entrare nella Resistenza, dall’altra teme per la sua incolumità e quella dei suoi cari. Sono avvenuti episodi terribili, uccisioni, deportazioni, torture per chi agiva contro i tedeschi.
Lo zio Ben, amico intimo della sua famiglia, che gode della sua fiducia, lo dissuade fermamente da prendere decisioni che potrebbero rivelarsi soltanto pericolose per la sua incolumità e quella dei suoi compaesani. Ammazzare gli ufficiali tedeschi è una cosa “particolarmente irresponsabile”, spiega a Michiel. Soprattutto perché “ciò che si ottiene così è che i crucchi prendono degli ostaggi, cittadini qualsiasi, e li giustiziano senza processo.” In qualche modo, tuttavia, il ragazzo si troverà coinvolto nella Resistenza insieme alla sorella maggiore che lui vorrebbe proteggere ma, che non esita a curare un prigioniero inglese ferito, nascosto in una grotta nel bosco. Inizialmente Michiel è preoccupato e impaurito; sa bene che non deve parlare con nessuno e usare mille strattagemmi per non farsi notare mettendo a rischio la sua vita e quella degli altri. Ricorda con commozione le parole del padre quando parlando della guerra gli diceva che altro non significava se non “fame, lacrime, sacrifici, paura, dolore…” . Malgrado ciò, il ragazzo con il passare dei mesi si rende conto che dalla guerra si può anche imparare qualcosa. Si accorge infatti con inquietante consapevolezza che affrontando imprevisti ed esperienze anche traumatiche, è passato in un attimo da una fase della vita all’altra; non è più l’adolescente di un tempo perché la sua visione della realtà e di se stesso è mutata. Ormai è diventato un uomo consapevole che senza mettersi in gioco lottando con forza e decisione non c’è salvezza, ma solo la fuga e la morte.